AL PARCO CON TUTTI I SENSI, TUTTI I SENSI DEL PARCO. Un percorso poetico ed emotivo al Parco delle Cave di Brescia


Guarda dentro e guarda fuori,
guardare è una culla

(F.Arminio)

Da piccolo con mia madre e mio fratello nei pomeriggi d’estate inforcavamo in bicicletta la stretta via Cadizzoni che incrociava timidamente la statale per Mantova. La si imboccava a destra poco dopo il palazzo del Mago passando la chiesa vecchia con la facciata ancora ferita dalla guerra. Rasentando le cascine e le rade case attraversavamo il ponticello sul Naviglio, tra profumi di campi di grano e l’incessante frinire delle cicale. La viuzza, uno sterrato bianco e polveroso, si inoltrava dritta e sicura verso la campagna, confinando con filari di platani e un corso d’acqua che le ruscellava a fianco. Giungevamo pedalando in un ampio spazio che squarciava i campi, aperto e inatteso, in località Trebuchi, sul limitare di una grande cava al fondo della quale affiorava un laghetto azzurro sorvegliato da alti cumuli di ghiaia. Come severi custodi.

Erano gli anni ’60, grandi ruspe e nastri trasportatori estraevano dalla terra la promessa di un roboante futuro di riscatto e progresso per tutti. Il viottolo degradava fin sulla riva, una spiaggia disadorna e assolata che ai miei occhi bambini pareva la riva del mare. Ci immergevamo gioiosi in quelle acque fresche e calme tenendo in testa un cappellino da marinaretto che la mamma ci metteva per ripararci dal sole. Il quartiere nuovo stava crescendo, e anche noi.

Ripensando a quei luoghi e quel che ne è stato, il sentimento che affiora in me è quello di una ferita; questi luoghi sono stati feriti da cinquant’anni di saccheggio, di escavazioni, di andirivieni di mezzi polverosi che hanno portato via la ghiaia, la terra, hanno fatto buche profondissime, hanno sversato nell’acqua bitumi della pulizia il lunedi di ogni  settimana. Per molti , tantissimi anni chi passava per queste stradine  non vedeva oltre la fitta siepe che impediva lo sguardo. Un mondo sconosciuto era aldilà, lontanissimo eppure vicino, accanto a noi. Sebbene questo furore e accanimento abbia  garantito il lavoro a tante famiglie sostenendone l’economia, ha pure provocato danni forse irreparabili al futuro di chi verrà. Il parco, questo territorio che sta ricrescendo restituito alla gente assume allora il significato di una sutura, un tentativo di curare la fenditura profonda che gli è stata inferta, come un corpo che finalmente riposa.

 

Cos’è un paesaggio? Quali storie racconta? Da quali storie può essere raccontato?

L’occasione per questo laboratorio di scrittura itinerante mi fu offerta dall’invito da parte della coop. sociale Cauto,  da anni impegnata nelle tematiche di protezione ambientale  e del riciclo dei rifiuti. Si trattava di  ideare un itinerario emotivo-poetico nel più grande parco urbano d’Europa restituito alla collettività dopo decenni di sfruttamento intensivo coinvolgendo un gruppo di abitanti del luogo in parte utenti dei locali servizi di salute mentale . L’incontro tra il visitatore e le parole che sarebbero state disseminate lungo i sentieri ,  avrebbe dovuto sollecitare un dialogo sensoriale e di conoscenza del luogo in quanto territorio non solo fisico ma pure esito di complessi intrecci di biografie umane, elementi simbolici ed emozionali favorendone un’esperienza interiore, riflessiva, poetica. L’idea guida che  orientava il progetto era suggestiva: riconoscere e rendere visibili i nessi che connettevano paesaggio interiore e esteriore ne avrebbe auspicabilmente facilitato una relazione di cura e custodia nel tempo. E poi c’era il tema della ferita. Come un corpo convalescente, quel territorio stava tornando a crescere e a rivivere: poteva costituire una esperienza di cura e rimarginazione anche per chi lo avrebbe visitato?

Il laboratorio  fu scandito in tre appuntamenti intitolati:

  • Tutti i sentimenti del parco;
  • Quando rallenti vedi il mondo;
  • Sentieri.

1. TUTTI I SENTIMENTI DEL PARCO

Ci disponiamo attorno ad un grande foglio bianco, ideeremo una mappa collettiva di simboli, percorsi, tracce, sensi, sentimenti, per individuare direzioni di ricerca e attenzione di cui prenderci cura. Come sentieri. Ci fanno strada le parole di Franco Arminio, poeta e paesologo:

Guarda.
Sei in un posto qualsiasi
e ti raggiunge un albero,
un muro, un viso.
Il centro del mondo è poco lontano da te,
è nelle vie secondarie, ti aspetta
dove non ti aspetti niente.
Prendi una forchetta in mano
come se fosse un momento solenne,
porta il bicchiere alla bocca
come se fosse un gesto sacro,
sorridi perché ogni sorriso apre
una piega nel muro della vecchiaia.
Fai cose coraggiose,
ti fa ringiovanire.
E poi torna, pensa che sei contento,
fallo sapere ai tuoi errori
che li vedi, li riconosci
e li guardi con clemenza.
Guarda dentro e guarda fuori,
guardare è una culla.

L’invito  è di presentarsi come un elemento di un paesaggio concreto o astratto, anzi di divenirlo, descrivendo la propria bellezza: chi siamo oggi?

Sono aria in volto
m’incontri se vai contro
se muovi in fretta
se corri
oppure nelle sere di primavera
se m’aspetti
con le braccia aperte
allora arrivo da dietro
a volte,
seguo il tuo profilo
e soffio via

All’inizio ero acqua,
sorgiva,
e cavalli felici abbeveravo.
Poi venne l’uomo e
di torba s’inorgoglì
– mi fece sanguinare –
Quindi un’upupa iridescente
col suo volo scattante,
sul mio ramo più in alto
si fermò!
Ora quel ramo ricorda
e conosce
l’essenza del suo volo.
Ero acqua all’inizio!

Spiga di grano.
Ti ho conosciuta che ero bambina,
ti ho portata con me per conoscerti a fondo.
Ancora non sapevo che il tuo piccolo seme
racchiude l’energia che sfama il mondo.

(Silvia)

Abbiamo un ricordo concreto e bello di questo elemento? Cosa evoca in noi? Ce lo raccontiamo mentre proseguiamo la nostra metamorfosi rappresentandoci con pennelli e acquerelli . La mappa si tinge di forme e colori in un chiacchiericcio divertito. Se ognuno è artista a suo modo, ogni modo va bene e così gioiosamente ci trasformiamo in:

SOLE, PIOGGIA, RADICI, ORIZZONTE, TRAMONTO, TORRENTE/CASCATA, ARIA D’ESTATE, BREZZA. Ognuna di queste entità diventa viva perché racconta una storia, qual è? Quale storia racconta? Udiamo un paesaggio che si fa corale biografia:

Orizzonte
Vengo da una località di montagna, in Val di Scalve…
giravo sopra un
prato immenso, ricco di fiori di campo, ,grilli saltellanti ed
insetti, tutti quanti in gran tribulazione…
ad un tratto mi gonfio tutta e il mio carico d’acqua fresca vuole
sposare il terreno sottostante…vuole giocare, lasciarsi
andare..vuole prendersi gioco di quelle persone laggiù…
che sicuramente scapperanno all’improvviso, come morsi da un serpente,
per mettersi al riparo…ma chissà poi perché?
Mi accorgo di una bambina che, sdraiata sul prato, mi guarda
immobile…rapita….con un braccio sotto la testa ed uno in alto,
mentre sventola un dito per acciuffare i miei confini…ma non mi
prenderai mai!

Radici
Le radici del nostro albero riescono a penetrare persino nei blocchi di marmo e, un po’ per volta,
lo sgretolano. Il suo legno non galleggia,
dato che ha un peso specifico superiore a quello dell’acqua.
La romiglia riesce a fare ciò che spesso è ritenuto impossibile.

Goccia di rugiada
Uscivo da bambina, fuori, nel prato, come mossa da una spinta
energica..dopo un sonno infantile..
gli scarponcini slacciati, la coda disfata, la cinturina non chiusa
dei vecchi calzoni di velluto blu..
e respiravo a pieni polmoni..chiudendo gli occhi, mi arrivava alle
narici l’odore di erba fresca bagnata e il suono del vento, che
accarezzava le punte dei monti intorno..
l’odore di legno, ferito sotto i colpi decisi del vicino..
riaprivo gli occhi e una distesa di piccole luci al sole, brillavano, mute
ma parlavano a me
prescelta
di segreti inascoltati

Se la nostra località avesse dei sentimenti quali sarebbero? Otteniamo una mappa di luoghi sentimentali con simboli che li indicano al visitatore.. Sulla mappa tracciamo itinerari che attraversano, percorrono e trascorrono: che luoghi si visitano, si vedono, seguendoli? Quali restano invece nascosti? I loro nomi anticipano promesse e scoperte, come sentieri dai quali farsi percorrere; una topografia dei sentimenti:

Sentiero in ascolto
Sentiero della resilienza
Sentiero della contemplazione
Sentiero della pace
Sentiero dell’adesso
Sentiero del sentire
Sentiero della curiosità
Sentiero del cambiamento

2. QUANDO RALLENTI VEDI IL MONDO (una camminata al parco)

La vasta area del parco ha forma di ali di gabbiano, lo abbiamo scoperto contemplando la cartina, sfuocando lo sguardo dal centro ai bordi; per buona parte occupato da un lago di sorgiva sulle cui rive sono piantumate essenze arbustee e di latifoglie che con il loro profumo hanno già colonizzato la fresca primavera di un sabato mattina. All’entrata principale un residuo di macchinario industriale accoglie il visitatore, austero ingresso che rammenta che quello fu luogo di un forsennato saccheggio epocale. Ci acquietiamo a fianco, comprendiamo con lo sguardo dall’alto, degradando verso la riva. Facciamo capannello attorno ad un leggio musicale che ho portato con me. Ci farà da guida, alzato come l’ombrello nelle comitive turistiche, indicherà il passo. Renderà quel sito un pubblico per le nostre parole. “Camminare è imparare a lasciar andare. Chi cammina” dice Adriano Labbucci “ fa sempre una doppia esperienza: della differenza e dell’uguaglianza , dell’individualità e della socialità, di se stessi e del mondo.  I piedi fanno muovere il pensiero, è inevitabile domandare e domandarsi”[2] .  Distribuisco una frasca esile e flessuosa per ognuno, una canna per giocare a pescare parole belle. Seguiremo i sentieri intravisti nel nostro primo incontro, ci concederemo soste per ripensarli e porger loro domande. Come pescatori di frodo metteremo esche e trappole per farci catturare. Stamane alla partitura degli uccelli e del rombo lontano delle auto dell’autostrada che passa lì a fianco si somma quello gioioso dei ragazzi che remano con le canoe e tracciano sulla superficie dell’acqua virate adolescenti, effimere scritture. Mentre procediamo sulla riva ora degradando verso il bordo, ora rimanendo in alto, cerchiamo il nostro passo. E’ questa la prima domanda. Camminare è ricercare. Ogni sosta di scrittura è introdotta da uno scritto poetico o letterario che ognuno ha portato con sé e che a rotazione ci regaliamo per scandire le soste prendendo posto davanti al leggio. Le indicazioni per scrivere sono minime e imprecise: reagiamo al luogo, lasciamoci scrivere, come destinatari di una corrispondenza.

L’universo in una goccia,
senza andare tanto
Viaggiare è cambiare lo sguardo,                                                                                                                                                            aprirsi a quello che abita il cuore.

(Abramo)

Non c’è altro da aggiungere , semmai da sottrarre, quando si rallenta si vede, ci si vede. Tra i reperti industriali dell’area ce n’è uno sul quale saliamo. E’ giusto sulla riva del lago. Una piattaforma in metallo dalla quale le preziose sabbie del fondo scorrevano sui nastri trasportatori e ora altare dal quale contemplare. Magnifico per un bird watching con la penna in mano. Scattiamo immagini controluce in poche righe, fermiamo gli occhi su quel che vi transita davanti:

Acqua, canoa, schizzi, divertimento.
Tante piccole piante che, in futuro,
renderanno questo luogo piacevole,
ideale per ripararsi e
I colori infiniti della
Cosa pensi di trovare in questo luogo?
(Enrica)

Acqua, cielo,
passi, in cinguettio quiete, pace,
E mi ritrovo a volare.
(Abramo)

Approdiamo ad una riva come naufraghi felici. E’ ora di lasciare alla deriva ciò che resta  e affidarlo alle marezzature di questo giorno. Con sentimento dipingiamo alcuni haiku con l’acqua del lago, pennellate brevi in tre righe e pieghiamo i fogli colorati come origami da ormeggiare per un piccolo porto sentimentale di barchette fragili e esposte ad ogni intemperie. Le lasceremo ondeggianti infilzate sulle nostre canne. E’ stata una buona pesca.

 

Sabato
una mattina per vedere e sentire,
il parco è diverso dall’ ultima volta che l’ ho visto,
come sarà la prossima?

(Gregorio)

 

Figlio
Vorrei incontrarti ogni giorno
dentro le pieghe sottili
di un turbamento svelato.

(Gabriella)

 

Temporale
tonfo di nubi
s’increspa il tempo
m’acquatto

3. SENTIERI

L’ultimo dei nostri incontri ha l’ambizione di tracciare sentieri per un percorso emotivo-sensoriale  che verranno poi lasciati al parco in appositi pannelli, è questa la promessa che abbiamo giocato. Lo inauguriamo con una nuova metamorfosi che ci aiuterà ad addentrarci poeticamente nella proposta. Come saremmo se fossimo sentieri?

Io sono un sentiero

M’inerpico
Sosto sul bordo di un campo
Mi scopro al cammino
Serbo la memoria
Dei passi che mi hanno
Attraversato
Dall’alto traccio
Figure di nessi
Come strade
Che tornano
(Beppe)

 

Io sono un sentiero ,
lungo le sponde di un torrente che canta,
vigoroso, fresco e limpido.
Tra la frescura del bosco, divento stretto e buio
(Gabriella)

Un sentiero – sentire,
che accoglie
il tuo lento procedere
libero e
semplicemente
segue i tuoi passi
(Roberto)

Sul tavolo dispongo la mappa colorata del primo incontro. Sopra vi adagio un foglio di carta velina di eguali dimensioni in modo che lo strato originario si intraveda in toni smorzati. Siamo fatti di sfumature. Su questo strato più superficiale ognuno tratteggerà con i pennarelli il proprio sentiero ricalcandolo dalla traccia precedente. L’allusione è alla fragilità di ogni territorio, esito delle complesse e delicate sedimentazioni che nel tempo hanno concorso alla sua geologia. Come per le genealogie famigliari dalle quali discendiamo e senza le quali non saremmo ciò che siamo, anche la terra sulla quale camminiamo ha una storia ancestrale ora minacciata dalla mancanza di memoria sul suo passato che rischia di depauperarlo irrimediabilmente  in una insensata e costosissima cementificazione. Ci ispireremo al ready made, gioco postmoderno che decontestualizza oggetti usuali. L’effetto è sorprendente,  una nuova cornice, sinonimo di pregiudizio o presupposto culturale, conferisce inedite versioni al noto liberandone la bellezza nascosta. E’ quello che faremo per questa occasione con le parole composte nelle fasi precedenti e che ho appeso in diversi fogli disponendoli sui muri della sala l’uno a fianco dell’altro, in un rigoroso e suggestivo ordine. L’invito che rivolgo è questo: tenendo conto del sentiero del quale vi state prendendo cura (della resilienza, della curiosità, dell’ascolto, ecc.) scegliete tra gli scritti dei compagni, frammenti di parole ritagliandoli con forbici e incollandoli  sulla mappa lungo il vostro sentiero nell’ordine che preferite. Così come per il ready made, la nuova trama, ossia il nome del sentiero, fa da connettivante legando  le parole in un  percorso di senso possibile che passo dopo passo rivela al visitatore un territorio-libro che inizia ponendo una domanda al visitatore con cui incamminarsi:

IL SENTIERO DELLA CONTEMPLAZIONE (Quale sarà il tuo viaggio?)

Le domande sono come paesaggi.
E sapere significa dimorare in questi paesaggi
molto spesi per vedere altri mondi, grandi mari
e non avevo occhi per vedere a due passi da casa
la goccia di rugiada sulla spiga di grano
steso sul prato fiorito
cercavo con lo sguardo il paesaggio
solo allora mi misi ad ascoltarlo
vibranti
giallo fiorito
tra il verde che applaude
a volte seguo il tuo profilo
e con un soffio volo via
sono aria
in viso m’incontri
e nero di pistilli
solo non lo trovavo
per una spiga di grano
a coprirmi gli occhi
viaggiai per giorni e notti
per paesi lontani
mi guarda carezzevole e non sa
che ora, io
già faccio parte del suo nuovo orizzonte
ad accarezzargli gli occhi
mentre là in fondo qualcuno…
e lo vedo osservare quasi rapito, verso me.
E’ l’alba di un nuovo orizzonte e la sua linea interseca le mie radici
rafferme alla mia terra ma liquide come l’amico fiume là in fondo…
Mi guardo e mi ergo alto oltre questa linea del mio orizzonte.
Anche una cava sa essere felice?

 

IL SENTIERO DEL CAMBIAMENTO (cosa ti cambierà oggi?)

Sono il calore che ti chiama fuori dalla porta
che ti invita a mettere gli stivali
e a correre nelle pozzanghere
Tutte le strade portano ad abbi cura di splendere
dove sole e luna si incontrano
dì e notte si danno del tu
nel cuore del luogo
dove tutto può succedere
il mistero dell’altro,
mentre cerco d’apparir al raggio
un varco per capir chi
sono io , chi ero
e bramo
che s’illumini ogni paesaggio

 

IL SENTIERO DEL SENTIRE (chiudi gli occhi, cosa vedi, cosa riesci a sentire?)

aprirsi
a
quel
che
abita
il
cuore

[1]Bateson ‘Una sacra unità’ ed. Adelphi, 1997, p. 398)
[2] A.Labbucci  ‘Camminare, una rivoluzione’ ed. Donzelli, 2011, p. 40

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.