UNA PARTITA CON LE FRAGILITA’. Gioiose trasformazioni in terapia famigliare.


A volte il passato è un macigno che opprime il presente  e il futuro. Per quanti tentativi facciamo di liberarcene rimbalza in ogni occasione imponendosi  tragicamente su sentimenti ed emozioni . In particolare quando abbiamo vissuto esperienze dolorose che hanno creato sofferenza oltre che in noi anche nelle persone che amiamo. Ripensare alle vicende drammatiche della nostra vita come occasioni di umanità e apprendimento è una azione alchemica straordinaria e i figli ci possono aiutare in questa trasformazione.

Leandro e Marta si conobbero giovanissimi e subito si innamorarono perdutamente. Dopo poco si sposarono  e andarono a vivere nella grande casa della famiglia di lui. In seguito Leandro, che lavorava in una ditta edile con un padre con cui c’erano aspri attriti, iniziò a fare uso di droghe e alcolici fino a diventare un alcolista cocainomane. Fu per tutti una tragedia, in particolare per Marta che lo mise di fronte ad un ultimatum: se non si fosse fatto aiutare lo avrebbe lasciato. Leandro iniziò così un periodo di disintossicazione in una comunità. Fu in quella difficile stagione della vita della coppia che nacque  il loro primo figlio Marco. La sua nascita costituì per entrambi un momento apicale. Marta si scoprì una madre affettuosa e amorevole, lungi dall’immagine burbera e fredda che aveva di sé stessa. Leandro ne fu invece terrorizzato. Una miriade di domande e dubbi bloccanti affiorarono in lui. Come avrebbe potuto essere un buon padre con un padre come il suo?  i suoi problemi con alcol e droga avrebbero sicuramente peggiorato la situazione rendendolo un inetto, pensava! Si rinchiuse cosi nel suo rifugio dorato e disperato fatto di consumi di sostanze, sotterfugi e menzogne. A quello seguì un periodo di alti e bassi nei quali la coppia rischiò di separarsi più volte e secondo le parole di Leandro, fu solo la presenza e tenacia della moglie che lo salvò dal baratro. Dopo il percorso in comunità  nacque il loro secondo figlio, Marcello. Quando i due si rivolsero a me per un consulto Leandro aveva concluso il suo periodo in comunità e pareva che le cose andassero bene. I due erano però preoccupati per il loro primogenito Marco. Pur essendo uno studente modello lo vedevano assai ansioso di fronte a qualsiasi occasione in cui doveva dimostrare di essere all’altezza.

Nello sport ad esempio. Marco, pur essendo un promettente tennista crollava emotivamente quando doveva giocare un match importante, assillato dal senso di responsabilità di dover rimediare al passato imbarazzante del padre. Più i genitori  lo spronavano a far meglio più questo aumentava le sue tensioni fino a costringerlo ad interrompere l’attività sportiva. Entrambi erano terrorizzati all’idea che le fragilità del figlio potessero condurlo verso brutte strade, proprio come era successo a Leandro in passato. Era chiaro che in quella situazione giocavano un ruolo enorme le aspettative e i timori dei genitori. Quello che mi colpì nell’ascoltare la loro storia fu la capacità di entrambi di aver attraversato molte criticità ed esperienze dolorose traendo da esse stimoli per rifarsi una vita. Come insegnare ciò che avevano imparato anche ai figli? Più volte nella nostra conversazione ricorse l’immagine di una finale di coppa Davis come metafora eloquente  per esprimere le tensioni che terrorizzavano il figlio,  così simile alle tante vicende di fronte alle quali  si erano trovati pure a loro volta, anni addietro. Mi dissi che  non ci restava che giocarla! Proposi così a entrambi di scrivere su due fogli di cartoncino una cosa importante che sentivano di aver imparato dalle loro sconfitte passate. Leandro scrisse: ‘sacrificio’ e Marta: ‘tenacia’, dopodichè li invitai ad appallottorarle e a usarle come palline da tennis per una partita improvvisata usando i supporti dell’album come racchette e mettendo in scena metaforicamente le angustie interiori del figlio e le loro.

Il mio  studio si trasformò nel centrale di Flushing Meadow! Fu sorprendente ammirare la  divertita abilità di Leandro e Marta nel palleggiarsi a vicenda le loro sconfitte mentre mi godevo la scena nei panni di un raccattapalle. Al termine di quello straordinario scambio a fondo campo, proposi loro  di scrivere sul retro delle loro ‘palline’ la loro personale definizione: imparare dalle sconfitte significa… Fu con quella spettacolare  volè di buonumore che ci lasciammo, ero certo che avrebbero proseguito il match con le fragilità anche con i loro figli.  

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