Hai presente quei film d’azione nei quali il protagonista è perennemente braccato e sfugge a rocambolesche situazioni mettendo continuamente a repentaglio la propria incolumità? La vita di Dario era così. Giornalista freelance e agente di intelligence per conto del governo. Attivista in difesa dei diritti umani e fervente religioso . Assiduo frequentatore di palestre e arti marziali. Si conobbe con Mariella in una sauna. Al tempo entrambi stavano con i rispettivi compagni quando un ardente colpo di fulmine elettrizzò la loro vita. Lei viveva in una grande metropoli del nord, architetto affermata, proveniva da una famiglia affettuosa che aveva sempre sentito al suo fianco nelle decisioni importanti. Dario al contrario, segnato da un’infanzia dolorosa intrisa di benestante agiatezza.

Figlio ferocemente maltrattato da entrambi i genitori; Dario e il fratello vissero costantemente esposti al fuoco incrociato di una coppia conflittuale per sopravvivere alla quale eresse profonde trincee di odio, risentimento e rancore. Un inferno per descrivere il quale, evocava le agghiaccianti persecuzioni nei lager nazisti. Dopo un periodo di frequentazione a distanza, i due decisero di iniziare una convivenza. Per la prima volta entrambi sperimentavano una paciosa quotidianità e il tran tran domestico. Per Dario tornare a casa era una tregua da una vita belligerante che provava a lasciar fuori dalla porta per rifugiarsi tra le braccia materne di Mariella. Non era facile. Le ingiustizie, la corruzione dilagante, il malaffare mafioso e gli intrecci con la politica con i quali aveva costantemente a che fare, gli avvelenavano pensieri e sentimenti. Spesso lui tornava scontroso e ombroso, inaccessibile emotivamente, chiuso in se stesso. Come un bunker. Ma lei aveva un sogno. Fare un figlio e provare a onorare l’idillio sperimentato a suo tempo come figlia. Sentiva però di avere poco tempo. Ormai su d’età e sofferente di diabete, le cure che avrebbe dovuto intraprendere sarebbero state una minaccia per la gravidanza. Dopo una stagione di tentativi scoprirono la loro sterilità e intrapresero un percorso di inseminazione artificiale. Esami, prelievi, test. Tutto sembrava proseguire senza ostacoli fino all’ultima tappa: L’inseminazione appunto. Dario tergiversava, era restio, contrastato e non si decideva a quel passo importante, rendendo lei sempre più impaziente. E’ a quel punto che si rivolgono a me per una terapia di coppia.

L’atmosfera nella coppia è pervasa da irritazione, tensione e insofferenza. Più Mariella preme per la gravidanza più lui si ritira da quel fronte. Sembra spaventato. Sovente il suo linguaggio è disarticolato, incongruente. Alterna slanci retorici sui pericoli di cui è irto il mondo e la disillusione di mettervi un figlio. Cosa sta succedendo a Dario? Perché questo stallo dopo lo slancio iniziale? E poi c’è la signora Adele. Una misteriosa presenza che rende furente di gelosia Mariella. I due si sentono spesso al telefono. Ma lui non rivela, non spiega. Alimentando a dismisura le insofferenze di lei. Solo dopo un assedio coriaceo, riusciamo a dare una storia a quel nome. Adele è un medico di molti anni più anziana di lui. Quasi una madre, anzi di più. Leo la conobbe molto tempo fa quando suo padre etilista, in preda ad un accesso d’ira violenta scaricata su moglie e figli fu ricoverato con un tso. Adele che a quel tempo era primario di psichiatria, forse guidata da quell’istinto materno che le madri senza figli sembrano naturalmente possedere, si prese a cuore quel giovane vittima di una distruttiva relazione genitoriale. Tra i due nacque una rapporto filiale e affettuoso. Come Leo non aveva mai sperimentato, al punto che ancora oggi non nega che l’incontro con quella donna amorevole redense la sua vita, letteralmente salvandogliela. Da allora la sua voce ha su di lui un effetto taumaturgico. Sentirla periodicamente sembra che equivalga a riscattare le brutture che come terribili fantasmi costellano la sua memoria, ridandogli fiducia e voglia di vivere. Sarebbe riuscito a spiegare tutto questo a Mariella o il timore di venire travolto emotivamente dal suo passato lo ha scoraggiato?

Nel corso di una seduta come sempre trafelata, emerse con una siderale metafora, il prestigioso ruolo che Mariella rivestiva per la vita di Leo: “Per me lei è il mio paracadute!,” esclama perentorio. Immagine niente affatto casuale. Dario è un esperto. Vanta un notevole curriculum di lanci da altezze vertiginose. Conosce bene l’ebbrezza del volo e la dinamica del salvataggio. Cosicchè la prendo al volo anch’io quella immagine. Propongo alla coppia di alzarsi e salire su un aereo. Ci sporgiamo dal predellino. Nel vuoto. Quanti metri ci saranno sotto? Ah almeno tre o quattromila! Io e Leo contempliamo quell’abisso sotto gli occhi attoniti di Mariella. Come ci si sente prima di lanciarsi? Cosa si controlla dell’equipaggiamento? Quando si capisce di essere pronti? Quell’uomo che aveva attraversato mille imprese uscendone incolume, era terrorizzato dal lancio più spettacolare della sua vita: fare un figlio. Le possibilità di sfracellarsi sul proprio passato riproponendo le distruttive dinamiche cui aveva assistito, lo bloccavano nell’affidarsi al baratro. Nonostante Mariella lo dipingesse nelle occasioni in cui aveva a che fare con bambini, come un magistrale, amorevole e competente compagno di giochi. La paura del vuoto non è faccenda che si può estinguere a parole. Cosicchè, in piedi su quella voragine con Dario, chiedo a Mariella di fargli da paracadute appoggiando sulla schiena muscolosa di lui, le sue esili braccia. Un dialogo sull’abisso: come si sentivano? Cosa lui sentiva di dire rivolgendosi a quel ‘paracadute’? E ‘il paracadute’ a sua volta cosa rispondeva? Come sarebbe stato il volo? Fu inebriante e visionario ascoltare quello scambio irreale e così simbolicamente pregnante. Fino a che facemmo un gran sospiro, ridendo controvento, prima di gettarci.