Alla Comunità Residenziale di Alta Assistenza di Prevalle ci arrivo lungo la Gavardina, talvolta in bici, nei giorni in cui c’è bel tempo. Costeggio il fiume lungo il fruscio profumato delle robinie. Un edificio basso di quelli prefabbricati, odor di ospedale e pareti bianche come tele di quadri da immaginare. Arrivano alla spicciolata, trascinano le loro storie. Molte giovanissime. Là il tempo è scandito dai ritmi degenti e dai farmaci, si rischia l’inedia se non fosse per alcune passeggiate clandestine e salubri tra la primavera del luogo.

Il Centro Psico Sociale di Salò sta nel vecchio ospedale, in pieno centro storico. Dalle vetrate si intravedono beccheggiare gli alberi delle barche, ormeggiano partenze e sciabordii. Promettono rotte per acque dolci. E’ facile che lo sguardo si faccia cullare nel grande salone ventre di nave. Si rischiano nausee da mal di mare, servono salvagenti per galleggiare. Meglio se paperelle.
L’Ospedale dei Colli è sul colle, tra Lonato e l’abbazia di Maguzzano e le vigne. E’ in disarmo per rifarlo nuovo. Noi stiamo un po’ più su, al CPS. Sul retro un orto provvidenziale e abbandonato. Un tempo orgoglio e rigoglio ora in attesa di nuove semine, ci pianteremo parole, scritture del confOrto. E vediamo che ci nasce.
Scriviamo di ciò che ci fa vivi e fragili. Di un amico d’infanzia, della prima volta che qualcuno si è preso cura di noi, di oggetti che ci portiamo in tasca come piccoli musei di sentimenti, di case d’infanzia e dei loro odori, di cibo e ricette della nostra terra, di luoghi che amiamo e geografie affettuose, del tempo che si è accartocciato quando la vita è andata a rotoli e di quando il buio si scuce.

Ognuno con le parole sue, quelle che vengono, lì per lì. Va bene anche una pagina vuota, va bene anche il fruscio delle pagine. E poi ne facciamo versi e cantilene, scombiccheriamo l’ordine, ridiamo e ci rassegniamo. Più che una scuola, una scuoletta simpatica di maestrine col nastro tra i capelli.
Io in cuor mio spero che tornino, soprattutto Davide che alla fine mi dice sempre che si è dimenticato di leggere e che lo farà la volta dopo.
Mica ci credo che è matto. E lui lo sa.
Le immagini sono di L.Cherere ‘Case volanti’